venerdì 28 dicembre 2012

Edgar Morin


E’ necessario che tutti coloro che hanno il compito di insegnare si portino negli avamposti dell’incertezza del nostro tempo.

"Riforma del pensiero" e "Politica della Civiltà"

(civilisation tradotto in italiano è civiltà). L'autore ha dedicato gran parte della sua opera ai problemi di una "riforma del pensiero", affrontando le questioni centrali che pone alla base delle sue riflessioni sull'umanità e sul mondo: la necessità di una nuova conoscenza che superi la separazione dei saperi presente nella nostra epoca e che sia capace di educare gli educatori ad un pensiero della complessità.
In Morin è anzitutto fondamentale la distinzione tra civiltà' e cultura. La cultura è l'insieme delle credenze e dei valori caratteristici di una determinata comunità. La civiltà è invece il processo attraverso il quale si trasmettono da una comunità all'altra: le tecniche, i saperi, le scienze.
Morin sostiene che "la cultura, ormai, non solo è frammentata in parti staccate, ma anche spezzata in due blocchi": da una parte la cultura umanistica "che affronta la riflessione sui fondamentali problemi umani, stimola la riflessione sul sapere e favorisce l’integrazione personale delle conoscenze", dall’altra, la cultura scientifica che "separa i campi della conoscenza, suscita straordinarie scoperte, geniali teorie, ma non una riflessione sul destino umano e sul divenire della scienza stessa". A ciò va aggiunta la sfida sociologica: "l’informazione è una materia prima che la conoscenza deve padroneggiare e integrare", una conoscenza "costantemente rivisitata e riveduta dal pensiero", il quale a sua volta "è oggi più che mai il capitale più prezioso per l’individuo e la società". L’indebolimento di una percezione globale conduce all’indebolimento del senso della responsabilità, poiché ciascuno tende a essere responsabile solo del proprio compito specializzato, così come all’indebolimento della solidarietà, poiché ciascuno percepisce solo il legame con la propria città: "la conoscenza tecnica è riservata agli esperti" e "mentre l’esperto perde la capacità di concepire il globale e il fondamentale, il cittadino perde il diritto alla conoscenza".
Secondo Morin è necessario raccogliere queste sfide attraverso la riforma dell’insegnamento e la riforma del pensiero: "è la riforma di pensiero che consentirebbe il pieno impiego dell’intelligenza per rispondere a queste sfide e che permetterebbe il legame delle due culture disgiunte. Si tratta di una riforma non programmatica ma paradigmatica, poiché concerne la nostra attitudine a organizzare la conoscenza". Per spiegare questo concetto Morin richiama una frase di Michel de Montaigne: "È meglio una testa ben fatta che una testa ben piena". Egli perciò distingue tra "una testa nel quale il sapere è accumulato e non dispone di un principio di selezione e di organizzazione che gli dia senso" e una "testa ben fatta", che comporta "un’attitudine generale a porre e a trattare i problemi; principi organizzatori che permettano di collegare i saperi e di dare loro senso".
Secondo Morin, una "testa ben fatta", mettendo fine alla separazione tra le due culture, consentirebbe di rispondere alle formidabili sfide della globalità e della complessità nella vita quotidiana, sociale, politica, nazionale e mondiale.
Riguardo alla civiltà occidentale, che è oramai globalizzata, essa ha ormai più effetti negativi che positivi, ed è anch'essa dunque bisognosa di una riforma, e dunque di una politica della civiltà. Gli assi portanti di una tale politica dovrebbero essere l'umanizzazione delle città e la lotta alla desertificazione delle campagne. Una politica della civiltà deve ristabilire solidarietà e responsabilità, e mirare ad una simbiosi tra le diverse civiltà planetarie, raccogliendo il meglio di ciò che ciascuna ha da offrire. Deve infine abbandonare il perseguimento del "di più" a favore del "meglio", abbandonare l'idea quantitativa di crescita generalizzata, per adottarne una qualitativa: la politica della civiltà deve stabilire dove deve esservi crescita, e dove decrescita.

Alcuni suoi Scritti:
  • L'industria culturale: saggio sulla cultura di massa, Il Mulino, Bologna 1963;1974
  • Il paradigma perduto: che cos'è la natura umana? Bompiani, Milano 1974 (poi Feltrinelli, Milano 1994).
  • Il metodo 3. voll., Raffaello Cortina, Milano 1977 (poi Feltrinelli 1983, 1987 (II), 1989).
  • Il rosa e il nero, Spirali, Milano 1984.
  • La vita della vita, Feltrinelli, Milano 1987.
  • Pensare l'Europa (1987), Feltrinelli, Milano 1988, 1990.
  • Introduzione al pensiero complesso, Sperling & Kupfer, Milano 1993.
  • Terra-Patria (in collaborazione con Anne Brigitte Kern) Raffaello Cortina, Milano 1994.
  • I miei demoni, Meltemi, Roma, 1999, 2004.
  • Amore, poesia, saggezza, Armando, Roma 1999.
  • Una politica di civiltà, con Sami Nair, Asterios, 1999.
  • La testa ben fatta. Riforma dell'insegnamento e riforma del pensiero, Raffaello Cortina, Milano 2000.
  • Introduzione a una politica dell'uomo, Meltemi, Roma 2000.
  • I sette saperi necessari all'educazione del futuro, Raffaello Cortina Editore, Milano 2001.
  • Educare gli educatori. Una riforma del pensiero per la democrazia cognitiva, EdUP, 2002.


giovedì 27 dicembre 2012

Buon Anno

Buon Anno
all'Amore
che rende dolce la vita
e che accende sogni
che non sapevamo di avere !

sabato 22 dicembre 2012

Auguri di Buon Natale

  
E’ Natale
E’ Natale ogni volta
che sorridi a un fratello
e gli tendi la mano.
E’ Natale ogni volta
che rimani in silenzio
per ascoltare l’altro.
E’ Natale ogni volta
che non accetti quei principi
che relegano gli oppressi
ai margini della società.
E’ Natale ogni volta
che speri con quelli che disperano
nella povertà fisica e spirituale.
E’ Natale ogni volta
che riconosci con umiltà
i tuoi limiti e la tua debolezza.
E’ Natale ogni volta
che permetti al Signore
di rinascere per donarlo agli altri.

Madre Teresa di Calcutta 

martedì 18 dicembre 2012

Renato Castellani


Renato Castellani, Regista cinematografico e sceneggiatore, nato a Varigotti (Savona) il 4 settembre 1913 e morto a Roma il 28 dicembre 1985.
Filmografia:
Una breve stagione(regia) Renato Castellani 1969
Questi fantasmi (2)(regia) Renato Castellani 1967
Controsesso(regia)  Franco Rossi, Marco Ferreri, Renato Castellani 1964
Tre notti d'amore(regia) Franco Rossi, Luigi Comencini, Renato Castellani 1964
Mare matto(regia) Renato Castellani 1963
Il brigante  (regia)  Renato Castellani 1961  ( Scandale)
Nella città l'inferno(regia)  Renato Castellani 1958
I sogni nel cassetto(regia) Renato Castellani 1957
Giulietta e Romeo (regia)  Renato Castellani 1954
Due soldi di speranza(regia) Renato Castellani 1951
È primavera(regia) Renato Castellani 1950
Sotto il sole di Roma(regia) Renato Castellani 1948
Mio figlio professore(regia)Renato Castellani 1946
Zazà (regia)  Renato Castellani 1944
La donna della montagna(regia)  Renato Castellani 1943
Un colpo di pistola(regia)   Renato Castellani   1942


    Tratto da Violetta Spensierata (Polvere di stelle)  di Ezio Scaramuzzino  
                                                
Mentre Castellani imprecava contro di me, lanciandomi una pedata che mi colpì di striscio, qualcuno provvide a portare di corsa l’attrice dal medico Mauro, che la curò, iniettandole un’antitetanica, disinfttando la ferita e applicandovi una garza e un cerotto.
Qualche giorno dopo si stava girando una scena di massa sotto una pioggia artificiale. C’era molta confusione sul set e Castellani impartiva ordini, gridando in un megafono con la sua vocetta stridula, come fosse spiritato. Mi avvicinai a lui, approfittando della confusione, e mi fermai alle sue spalle. Studiai le sue mosse e, come mi accorsi che stava prendendo la rincorsa per precipitarsi chissà dove, infilai il mio piedino destro in mezzo ai suoi.
Il famoso regista, che era un ometto basso e magro, fece dapprima una capriola su se stesso, riuscendo quasi miracolosamente a rimanere in piedi, ma poi perse definitivamente l’equilibrio, navigò scivolando per un paio di metri in un mare di fango e cadde bocconi, lungo disteso sulla strada.
Chi lo soccorse e lo stesso Castellani, quasi irriconoscibile per il fango limaccioso che gli ricopriva il volto, erano convinti che la caduta fosse da addebitarsi alla concitazione del momento. Io intanto, sgattaiolando tra la gente, riuscivo ad allontanarmi. Mi ero vendicato della mancata assunzione come figurante e, soprattutto, cosa che mi bruciava particolarmente, mi ero vendicato della pedata di qualche giorno prima. Eravamo pari, finalmente, anzi, forse, potevo anche mettere in conto un piccolo, ma significativo vantaggio su di lui.

(Molo Renato Castellani a Varigotti (SV)

sabato 15 dicembre 2012

Maison d’Art , l’arte ha un luogo .


Nel suo significato più sublime, l'arte comprende ogni attività umana creativa di espressione estetica, priva di qualsiasi pregiudizio da parte dell'artista (o del gruppo di artisti) che compie l'opera rispetto alla situazione sociale, morale, culturale, etica e religiosa che le masse del suo tempo stanno invece subendo. L'arte indica l'espressione estetica della propria interiorità; in questo senso non v'è concetto di bellezza.

(Foto di Byros )   

sabato 8 dicembre 2012

Chi era Rudolf Steiner ?


Rudolf Steiner (1861- 1925), fondatore della Antroposofia (dal greco «anthropos», uomo, e «sophia» saggezza - una vera e propria scienza dell’umano - ) è a tutt'oggi uno sconosciuto.
Nonostante questo il suo nome si può incontrare sempre più frequentemente negli aspetti sociali e culturali della vita moderna: dall'agricoltura biologica e biodinamica alla pedagogia, dalla medicina all'arte, all'architettura, alla filosofia, all'euritmia... e questo perché non c'è campo del sapere umano dove Steiner non abbia portato un contributo.
Questi nuovi impulsi sono stati da lui forniti ai vari campi dell’operare umano, muovendo sempre dalla centralità dello Spirito; sebbene abbiano in sé la forza di fecondare sempre di più la vita reale ed il nostro avvenire, ancora oggi non sono stati compresi totalmente.
Steiner non ha mai voluto essere un guru o un maestro da seguire fideisticamente. Egli ha sempre cercato di rendere accessibile ad ognuno la sua propria esperienza, con la fiducia che in ogni essere umano ci sono enormi capacità e potenzialità da sviluppare e portare ad espressione; tutta la sua vita e la sua opera testimoniano di questo.
Si può affermare che egli sia stato un grande iniziato del nostro tempo.
Fin dalla prima giovinezza Steiner ebbe in sé l'incrollabile convincimento della realtà dei mondi spirituali, realtà che per lui fu esperienza diretta e di cui volle fare partecipe anche il suo prossimo, nella maniera più concreta e scientifica possibile. Proprio per questo motivo l' Antroposofia fu da lui chiamata Scienza dello Spirito.



L' Arte di Insegnare
Secondo Rudolf Steiner la pedagogia è un'arte e dunque il maestro deve avere una "vocazione" per l'insegnamento. Un buon maestro genera buoni alunni, così come un cattivo maestro ne genera di cattivi. L'insegnamento non è solo un freddo passaggio di informazioni, ma è una relazione tra due esseri umani, in cui uno è assetato di conoscenza e l'altro è votato a trasmettere tutto il proprio sapere, umano ed intellettuale.
« Il nostro obiettivo: elaborare una pedagogia che insegni ad apprendere, ad apprendere per tutta la vita dalla vita stessa. »
(Rudolf Steiner)

Secondo Steiner l'educazione è quindi un'arte, l'arte dell'educazione per l'appunto, in cui l'artista è l'insegnante e la sua "opera d'arte" lo studente, un processo il cui culmine è il raggiungimento della libertà.

Link sito Italiano: Rudolf Steiner

martedì 4 dicembre 2012

Ezio scaramuzzino - L'amore perduto

L'amore perduto  dal Blog di Ezio Scaramuzzino 


L’amore perduto
Tonio e Luigino  venivano da Scandale, frequentavano l’ultimo anno del Liceo classico al “Pitagora” di Crotone e stavano insieme a pensione presso un’anziana vedova. Avevano sempre preso  l’autobus per andare a scuola, ma dal mese di gennaio le rispettive famiglie li avevano messi a pensione, per evitare loro la fatica del viaggio e metterli quindi nelle condizioni migliori per affrontare gli esami di maturità. I due non avevano mai brillato negli studi, pur applicandosi coscienziosamente, anche perché negli anni precedenti non si erano mai tirati indietro quando era necessario dare una mano nel lavoro dei campi o in altre incombenze. Le famiglie del resto erano molto modeste e per mantenere quei figli a scuola si erano sobbarcate notevoli sacrifici, che  Tonio e Luigino cercavano di ripagare  con un’applicazione coscienziosa e metodica.
Al mattino si svegliavano non più tardi delle sette, si ripulivano in fretta, prendevano velocemente  la colazione preparata dalla padrona di casa ed arrivavano puntualissimi a scuola per l’inizio delle lezioni. Stavano seduti allo stesso banco in una classe completamente maschile e seguivano con molta attenzione ciò che si faceva, specie le spiegazioni dei professori. Avevano ancora vaghe idee sul loro avvenire, ma sapevano che, qualunque cosa avesse loro riservato il futuro, era necessario studiare, applicarsi, imparare. Quando suonava la campanella dell’uscita, erano tra i primi a varcare il portone ed erano sempre puntuali  per l’ora di pranzo. Studiavano poi tutto il pomeriggio fino all’ora di cena e solo raramente si concedevano il piacere di una passeggiata e qualche volta di un film in uno dei tre cinema della città. Nelle loro passeggiate amavano spingersi verso il mare, soprattutto verso il porto: si soffermavano ad osservare i rari mercantili che attraccavano, oppure le barche dei pescatori, che verso il tramonto depositavano sul molo le cassette stracolme di pesci. A sera, dopo cena, spesso guardavano un po’ di tv su un monumentale apparecchio in bianco e nero, che la padrona di casa teneva in  soggiorno, come omaggio extra rispetto a quanto loro dovuto per la retta mensile.
Tonio e Luigino vivevano così e non chiedevano niente altro alla vita. Forse non immaginavano neppure che si potesse vivere diversamente o che alla loro età si potesse chiedere o pretendere di vivere diversamente.
Un giorno, all’uscita da scuola, ebbero una sorpresa. Stavano ritornando a casa, di fretta come sempre, quando si accorsero che  una ragazza si era affiancata a loro. La meraviglia aumentò quando la ragazza, che aveva appena finito di scartare un pacchettino, fece vedere delle meravigliose frittelle, dicendo con un sorriso:
-Mia madre mi mette sempre qualche frittella di troppo. Posso offrirvene una?
Tonio, che pure era il meno riservato dei due, fu costretto a deglutire prima di poter rispondere, quasi balbettando:
-Certo, grazie.
I due ricevettero una frittella ciascuno, poi l’addentarono e la trovarono veramente squisita, mentre intanto la ragazza salutava con un “ciao” e spariva dietro la prima curva.
Poi arrivarono a casa, mangiarono come sempre, studiarono come sempre, ma per tutta la giornata evitarono di parlare della ragazza, come per un tacito accordo. Dopo qualche giorno la scena si ripetè. I due  solo all’ultimo momento si accorsero della ragazza che, dopo aver offerto le frittelle, volle anche presentarsi:
-Mi chiamo Angela, sono di Cutro e frequento il Chimico. Vado a prendere l’autobus per il ritorno a casa. Voi come vi chiamate?
Tonio e Luigino avevano già addentato la frittella e mancò poco che il cibo andasse di traverso quando riuscirono con qualche difficoltà a dire i loro nomi. Poi Angela salutò e sparì velocemente dietro la prima curva, come l’altra volta.
         Questa volta i due non riuscirono a non parlare di lei. Al pomeriggio, interrompendo la traduzione di una versione latina, Tonio disse:
-Però quelle frittelle sono veramente buone. Ripiene di salami e  formaggi delicati sono veramente una delizia. Vero che a quell’ora, poco prima di pranzo, mi fanno passare un po’ l’appetito, ma ci fa niente. Non trovi?
-Sì, certo, rispose Luigino, e in ogni caso, se questo è il prezzo da pagare per rivedere Angela, ci può anche stare. Sono sicuro che la rivedremo ancora, magari anche presto. Solo che non ci facciamo una bella figura ad accettare sempre, senza mai offrire nulla in cambio.
-Ma che vuoi offrire a quell’ora?, replicò Tonio.
-Non so, bisognerebbe pensarci, concluse Luigino.
         Dopo un paio di giorni i due  stavano ritornando a casa, come sempre. Luigino nella cartella dei libri era riuscito a trovare posto anche per una confezione di pasticcini secchi. Li avevano comprati assieme e si erano raccomandati con il pasticciere che fossero freschi e morbidi: ne avevano anche assaggiati un paio e li avevano trovati squisiti. Quando la ragazza si avvicinò ad offrire le frittelle, Luigino si fece coraggio ed offrì in cambio i pasticcini.
-Ma sono secchi, disse la ragazza, e a quest’ora non riesco a mangiarli!
-Li mangerai al pomeriggio, replicò Luigino, il quale  con decisione mise la confezione nelle mani della ragazza. Che li accettò, li conservò nella sua cartella dei libri e si affrettò poi verso l’autobus.
-Ciao, gridò, mentre si allontanava. Ma voi uscite qualche volta al pomeriggio o studiate sempre?
         Qualche giorno dopo, al mattino Tonio non si alzò dal letto. Disse che aveva un forte mal di testa e che quel giorno non sarebbe andato a scuola. Luigino si meravigliò: altre volte lo aveva visto  andare a scuola anche con la febbre addosso. Ma non fece molte domande. Durante le ore di lezione notò più volte il posto vuoto accanto al suo, ma cercò di non pensarci più di tanto e anzi si sforzò di essere più attento del solito. Sulla strada del ritorno non vide Angela e anche questo lo meravigliò un pochino. Arrivato a casa, non trovò Tonio, il quale arrivò poco dopo di lui e disse di essere andato in farmacia a comprare una medicina.
         Dopo un paio di giorni la cosa si ripetè, ma questa volta Tonio non accampò giustificazioni: disse soltanto che non sarebbe andato a scuola. Quel giorno Luigino, più della volta precedente, si ritrovò a fissare il posto vuoto accanto al suo e  si accorse che non riusciva ad essere attento alle lezioni. La sua mente vagava senza meta su uno sfondo nel quale si intravedevano le immagini di Tonio, di Angela, delle frittelle, dei pasticcini, dei professori e di tante altre cose che occupavano e riempivano le sue giornate. All’uscita da scuola trovò Tonio ed Angela che erano lì ad aspettarlo: si stavano dividendo  l’ultima frittella della giornata e si tenevano per mano. Angela sentì il bisogno di scusarsi per il fatto che non era rimasta una frittella per lui.
-Oggi, disse, mia madre mi ha preparato poche frittelle, ma ne farò preparare di più per domani.
-Non ti preoccupare, rispose Luigino, ci sono cose più importanti delle frittelle.
Al momento dei saluti Tonio e Angela si scambiarono un bacio. 

domenica 2 dicembre 2012

Stilo: Scoperto un villaggio megalitico. Stilo come Stonehenge

Fonte: Calabria Ora

Inghiottita da una fitta vegetazione dalle parti di Ferdinandea, una sommità del gran bosco di Stilo, che fa da confine con le tre province di Reggio Calabria, Catanzaro e Vibo Valentia, dorme di un sonno millenario. Il leggendario e dimenticato “villaggio megalitico”. Un susseguirsi di “statue giganti” irregolari con simboli particolari, alcuni dei quali, forse, cuneiformi.

Protetto dal suo sottobosco impenetrabile, è di fatto isolato. In pochissimi possono affermare di averlo visto. Arrivarci è un’impresa ardua. Nella stagione fredda diventa impossibile. Gli unici momenti favorevoli sono l’inizio della primavera, quando la flora non è ancora esuberante e la fine dell’estate, quando cioè il terreno è più facilmente leggibile. Non esiste una mulattiera percorribile: rovi e alberi intrecciati a mo’ di labirinto sbarrano più volte l'ascesa sul ripido versante e non è raro sentire sibilare le vipere. È un posto fuori dal tempo e non alla portata della semplice curiosità dei camminatori feriali. Ma è questo l’aspetto più affascinante, che attira l’attenzione e la curiosità. Un mondo nel mondo.
E ancor più sorprendente è il fatto che queste difficoltà non hanno fermato due giovani studiosi stilesi, Mario e Alfina Tassone. L’arduità del luogo non ha impedito la scoperta a questi due esperti subacquei, di fama internazionale, appassionati di storia locale e responsabili del Diving Center “Punta Stilo” (http://www.divingcenterpuntastilo.it), istituito circa vent’anni fa nella “Città del Sole” dell’illustre frate domenicano Tommaso Campanella. Qualche voce era giunta alle loro orecchie, ma ad incuriosirli sono state proprio le misteriose geometrie visibili tramite mappe, ricerche documentali e numeriche, programmi di immagini satellitari come Google Earth. E proprio tramite questi strumenti alla mano, Mario e Alfina hanno deciso di sfidare il bosco di Stilo con il dottor Giuseppe Oliva dell’Università della Calabria e con alcuni membri dell’associazione Misteryhunters tra cui i dottori Gioia Aurelio, Gerardo Coppola e Roberto Iera, avventurandosi tra boschi di castagno, lecci e faggi e rovi spinosi per poter mirare questo tesoro nascosto, al segreto dell’incontaminato bosco a cavallo tra le Serre e l’Aspromonte. Là, in cima, c’è la testimonianza probabilmente di un’antica presenza umana: un grande villaggio di pietre forse granitiche con evidenti tracce di quarzo, perfettamente evidenti. Esattamente sono tre le località tutte consecutive che devono essere oggetto di subitanei studi approfonditi.