sabato 30 novembre 2013

Nessuno deve sapere

Nessuno deve sapere è una miniserie TV di copruduzione italo-tedesca, RAI  eTaurus Film, trasmessa in Germania nel 1972 e Italia nel 1973. 
La miniserie inizia con le immagini della festa della Madonna del Condoleo a Scandale.
Girato nella provincia di Crotone, tra Isola Capo Rizzuto, Le Castella e Santa Severina,sul tema della malavita organizzata calabrese, il suo controllo sulle opere pubbliche e l'inesorabile catena di assassinii e ritorsioni ad esso legate.
 Protagonista un geometra milanese in auto sportiva subito coinvolto nei tragici eventi. 
(Video caricato  su  Youtube da Gaudiophonia2002)
Da segnalare la ballata di Domenico Modugno Amara terra mia sigla conclusiva di ogni puntata





giovedì 28 novembre 2013

Salvatore Settis Premio Siberene




Non nascondo di essere innamorato di tutto quello che è calabrese , convinto che la cultura calabrese e le persone
che quotidianamente sono l'espressione di questa cultura   : Ermanno Bencivenga, Gianni Amelio, Mimmo Calopresti, Ottavio Rossani, Peppe Voltarelli,  Mario Fortunato, Vito Teti, Rosa Martirano, .....  nelle  loro varie forme di espressione : letteratura, cinema, poesia, arte , filosofia , musica, mi fanno ancora  sentire orgoglioso di essere calabrese.


Salvatore Settis nato a Rosarno (RC)  
Premio Siberene 2006  "Ci portiamo la Grecia in testa, soprattutto perché siamo figli di questa civiltà”.


Caro pre­mier, salva l’arte

Un grande sto­rico e ar­cheo­logo scrive al capo del go­verno che verrà. Per­ché nella sua agenda metta al primo po­sto la di­fesa di am­biente e cultura.


Al pros­simo pre­si­dente del Con­si­glio (chiun­que sia). Si­gnor Pre­si­dente, ne­gli ul­timi anni, prin­cipi co­sti­tu­zio­nali e pra­ti­che po­li­ti­che con­so­li­date hanno su­bito una con­ti­nua ero­sione. Sotto il peso (o con l’alibi) della crisi eco­no­mica, ta­gli spie­tati hanno col­pito la spesa so­ciale: scuola, cul­tura, uni­ver­sità, tu­tela del pa­tri­mo­nio e dell’ambiente, ri­cerca, tea­tro e mu­sica, sa­nità. An­che quando i “ta­gli li­neari” (cioè cie­chi) dei go­verni di de­stra sono stati ri­bat­tez­zati spen­ding re­view, in nulla hanno gio­vato al pub­blico in­te­resse: al con­tra­rio, hanno ri­dotto il li­vello dei ser­vizi ai cit­ta­dini, fa­vo­rito la re­ces­sione, in­cre­men­tato la di­soc­cu­pa­zione. Col­pendo la di­gnità di chi  la­vora e l’equità, que­sta po­li­tica mina alla ra­dice de­mo­cra­zia e libertà.
La nuova le­gi­sla­tura può se­gnare una svolta, rein­ne­scando quel che da tempo manca al no­stro Paese: crea­zione di com­pe­tenze, crea­ti­vità, in­no­va­zione, oc­cu­pa­zione. Al ver­tice delle prio­rità del go­verno de­vono es­sere la cura dell’ambiente e la messa in si­cu­rezza del ter­ri­to­rio. E un com­pito im­mane, per­ché que­sti temi sono stati tra­scu­rati per de­cenni. Ma è un tra­guardo es­sen­ziale, che me­rita in­ve­sti­menti so­stan­ziosi e può as­sor­bire più forza la­voro di quella per “grandi opere”, spesso in­vec­chiate prima di na­scere. Cura dell’ambiente vuol dire tu­tela della sa­lute, ma an­che tu­tela del pae­sag­gio, a co­min­ciare dal pae­sag­gio agra­rio; vuol dire pro­mo­zione dell’agricoltura di qua­lità, con po­tenti ri­ca­dute eco­no­mi­che. Vuol dire pro­te­zione del pa­tri­mo­nio cul­tu­rale, e sal­tato a pa­role come mag­gior ric­chezza d’Italia, ma di fatto ab­ban­do­nato al de­grado. Que­sti temi sono for­te­mente le­gati fra loro. È per­ciò ur­gente agire sulle isti­tu­zioni, po­nendo fine alla con­di­zione re­si­duale del mi­ni­stero dei Beni cul­tu­rali e alla scelta di mi­ni­stri in­ca­paci. Esso può es­sere ac­cor­pato al mi­ni­stero dell’Ambiente, per una nuova po­li­tica fon­data sulla cul­tura della pre­ven­zione, dal con­trollo del ri­schio idro­geo­lo­gico alla con­ser­va­zione pro­gram­mata del pa­tri­mo­nio cul­tu­rale. Ma an­che que­sta “mossa” sa­rebbe inef­fi­cace, se non si ac­com­pa­gnasse a un torte rein­ve­sti­mento sui Beni cul­tu­rali, che quanto meno ri­medi al ci­nico ta­glio di ol­tre un mi­liardo per­pe­trato da Ber­lu­sconi nel 2008. È inol­tre ne­ces­sa­rio il rin­novo del per­so­nale, iber­nato dal blocco del turn-over, me­diante una sana po­li­tica di as­sun­zioni per me­rito, aperta a esperti non solo italiani.
Il fu­turo di un Paese di­pende da tre fat­tori: lun­gi­mi­ranza de­gli obiet­tivi, for­ma­zione dei gio­vani, in­ne­sco di ener­gie crea­tive. In Ita­lia da de­cenni ac­cade il con­tra­rio: le ri­forme della scuola e dell’universirà sono ispi­rate non da un qual­si­vo­glia pro­getto cul­tu­rale, ma dalla de­ci­sione di ta­gliare a ogni co­sto i bi­lanci nel se­gno di un miope neo­li­be­ri­smo. La ri­cerca di base (la sola che pro­duca esiti, an­che eco­no­mici, di lungo pe­riodo) è ac­can­to­nata in fa­vore di uno “sguardo corto” che pre­tende ri­sul­tati mi­su­ra­bili in tempi brevi; la qua­lità viene esi­liata in fa­vore della quan­tità. Ri­por­tare il fu­turo al cen­tro della po­li­tica ri­lan­ciando scuola, uni­ver­sità e ri­cerca me­diante ac­corti in­ve­sti­menti sulla qua­lità e nuove as­sun­zioni in base al me­rito: ecco un’altra prio­ri­tà­del go­verno. Al­tri Paesi, da­gli Stati Uniti alla Ger­ma­nia alla Fran­cia, stanno in­ve­stendo in istru­zione e ri­cerca come mezzi per com­bat­tere la crisi eco­no­mica; in Ita­lia si fa l’opposto. E tempo di rom­pere que­sto iso­la­mento, re­cu­pe­rando l’alta tra­di­zione ita­liana e ri­col­lo­cando al cen­tro il si­stema pub­blico di istru­zione an­zi­ché, come si è fatto ne­gli ul­timi anni, de­po­ten­ziarlo in fa­vore del set­tore pri­vato.
Que­sti obiet­tivi mi­nimi non sono de­gli op­tio­nal. Essi cor­ri­spon­dono all’orizzonte dei di­ritti pre­scritto dalla Co­sti­tu­zione. La Co­sti­tu­zione, per in­ten­derci, a cui il nuovo go­verno pre­sterà giu­ra­mento, e non una pre­tesa “Co­sti­tu­zione ma­te­riale”. La cen­tra­lità della cul­tura è scol­pita nell’art.9: «La Re­pub­blica pro­muove lo svi­luppo della cul­tura e la ri­cerca scien­ti­fica e tec­nica. Tu­tela il pae­sag­gio e il pa­tri­mo­nio sto­rico e ar­ti­stico della Na­zione». Au­to­no­mia delle uni­ver­sità, cen­tra­lità della scuola pub­blica, di­ritto allo stu­dio (art. 33–34), li­bertà di pen­siero (art. 21) sono aspetti del di­ritto alla cul­tura, es­sen­ziale allo svi­luppo della per­so­na­lità in­di­vi­duale (art. 3) e al «pro­gresso spi­ri­tuale della società»(art.4).
Que­sti prin­cipi fon­da­men­tali dello Stato sono co­stan­te­mente di­sat­tesi con l’alibi di una “tec­ni­cità” che pro­duce ta­gli, ma non svi­luppo. De­vono tor­nare al cen­tro delle po­li­ti­che del go­verno, nel loro nesso con al­tri di­ritti es­sen­ziali san­citi dalla Co­sti­tu­zione: il di­ritto alla sa­lute (art. 32), il di­ritto al la­voro (art. 4), la «pari di­gnità so­ciale». (art. 3). La di­sgre­ga­zione, anzi la “ma­cel­le­ria so­ciale” che è sotto i no­stri oc­chi ha in que­sti prin­cipi il suo ri­me­dio: per­ché solo se i di­ritti sono ri­co­no­sciuti è pos­si­bile esi­gere «l’adempimento dei do­veri in­de­ro­ga­bili di so­li­da­rietà po­li­tica, eco­no­mica e so­ciale» (art. 2).
I pro­blemi glo­bali dell’economia e la pes­sima ge­stione dei bi­lanci hanno messo in om­bra que­sti prin­cipi, e il “go­verno tec­nico” ha in­ter­pre­tato il pro­prio man­dato alla luce di un pre­cetto che la Co­sti­tu­zione non con­tiene, anzi nega: la prio­rità dell’economia sui di­ritti.
È tempo di met­tere sul ta­volo il con­tra­sto fra la ne­ces­sità (che tutti ri­co­no­scono) di ri­sa­na­mento dei bi­lanci e l’obbligo (che molti di­men­ti­cano) di ri­spet­tare la le­ga­lità co­sti­tu­zio­nale. La “ri­cetta tecni ca” di ta­gliare alla cieca la spesa so­ciale ha pro­dotto solo re­ces­sione, di­soc­cu­pa­zione, di­sor­dine. Per uscire da que­sto vi­colo cieco oc­corre re­pe­rire con ur­genza nuove ri­sorse, com­bat­tendo con fatti e non pa­role l’enorme eva­sione fi­scale: 142,47 mi­liardi di euro di tasse non pa­gare nel solo 201 l (dati Con­f­com­mer­cio). Re­cu­pe­ran­done al­meno la metà, si po­trebbe co­min­ciare a sa­nare il de­bito pub­blico e in­ve­stire in scuola, ri­cerca, pa­tri­mo­nio, sa­nità, in­ne­scando pro­cessi vir­tuosi di sti­molo della crea­ti­vità e dell’economia. Una sana spen­ding re­view do­vrebbe can­cel­lare spese vane o dan­nose, a co­min­ciare dal ponte sullo Stretto e da al­tre “grandi opere”, dall’acquisto in­sen­sato di ae­rei da guerra e som­mer­gi­bili, da in­ter­venti one­rosi e fal­li­men­tari come il “sal­va­tag­gio” Alitalia.
Qua­li­fi­care la spesa ca­po­vol­gendo le prio­rità dei go­verni di que­sta le­gi­sla­tura è il primo passo verso un rin­no­vato ruolo dell’Italia in Eu­ropa. Per non es­sere a ri­mor­chio de­gli gnomi delle Borse, l’Italia deve fare ap­pello alle enormi ener­gie crea­tive dei cit­ta­dini, che hanno nella no­stra sto­ria, arte, cul­tura il loro ine­sau­ri­bile te­soro. È un “conto in banca” che non è quo­tato in Borsa, ma vale più di qual­siasi spread. Di­men­ti­carlo è de­lit­tuoso, an­che per­ché con­danna l’Italia a un ruolo gre­ga­rio in­de­gno delle sue po­ten­zia­lità. Pro­muo­ver­lo è ne­ces­sa­rio, per ri­lan­ciare un’idea di Stato-comunità che co­strui­sce e di­fende i di­ritti delle ge­ne­ra­zioni fu­ture. La Co­sti­tu­zione non va cam­biata, va ri­letta alla luce del pre­sente, come la Carta della no­stra iden­tità cul­tu­rale. Per­ché, molti eco­no­mi­sti oggi lo ri­co­no­scono, la di­stru­zione dell’identità sto­rica di­sgrega la so­cietà e ne ri­duce la pro­dut­ti­vità, men­tre ogni “cre­scita en­do­gena” si fonda sul pieno re­cu­pero dell’autocoscienza cul­tu­rale delle co­mu­nità. Uno sguardo lun­gi­mi­rante, una con­sa­pe­vole ca­pa­cità di fu­turo: que­sto, si­gnor pre­si­dente, gli ita­liani aspet­tano dal nuovo governo.

Salvatore Settis

sabato 23 novembre 2013

I toponimi Corazzo e Corazzello del Prof. Francesco Cosco

Corazzo in un quadro del pittore Alberto Elia            


Non sono toponimi nati  negli ambienti di Crotone, o di  S. Severina, o di Rocca di Neto, o di Scandale, né attribuzioni classiche di antica epoca magno-greca; nemmeno termini relativi al lessico latino di epoca successiva alle guerre puniche, fino a Cassiodoro.
Sono infatti voci di importazione extraterritoriale del XII secolo. Ed ecco in breve la loro genesi storica.  
Nel 1060 circa veniva fondata a nord di Lamezia Terme, nei pressi dell'abitato di Castagna, oggi nelle immediate vicinanze del centro di Soveria Mannelli, l'abbazia di S. Maria di Corazzo, probabilmente derivata dal monastero della Sambucina. L'individuazione etimologica del toponimo sembra legata al nome del fiume nel cui alto corso il cenobio insiste: trattasi del Corace ed il luogo dovette essere nomato in  origine coràceus (aggettivo che indica "appartenente al Corace") che ebbe presto come esito, nel dialetto romanzo, Corazzo, allo stesso modo come Campìcei diede luogo a Campizzi (toponimo in agro di Mesoraca).
Il rapporto che intercorre tra questo antico cenobio e le nostre contrade del crotonese, Corazzo e Corazzello, sarà di seguito evidenziato.    
                                            Squadra di calcio Corazzo estate 1978
Santa Maria di Corazzo,  è stata fondata dai benedettini che insieme ad una  grande basilica edificarono un complesso monastico di notevoli proporzioni. Presto però l'abbazia passò all'ordine cistercense.   
Il dodicesimo secolo fu periodo assai favorevole per tali aggregazioni religiose; i normanni elargivano alle abbazie beni immobili che esse sapevano ben governare e trasformare, e le consideravano veri e propri feudi; il papato, alle spalla, insisteva perché maggior fortuna avessero le abbazie di rito latino su quelle di rito greco. La politica religiosa dei normanni mirò, gradualmente, comunque senza scosse e violenza, ad assecondare tali fini.
Clemente Terzo nel 1189 attribuì all'abbazia cistercense del Frigillo in  Mesoraca le grange basiliane di  S. Maria di Cardopiano, di S. Giovanni in Monticelli e di S. Demetrio, tutte in agro di Petilia Policastro a cui, successivamente, Federico II aggiunse  i territori Silani di Ciricilla e Caput Tacinae (letter.: Teste di Tacina). Gli svevi, infatti, proseguirono nella politica normanna di elargizione di beni a favore di tutti i cenobi calabresi; la stessa Costanza D'Altavilla concesse a fine XII secolo all'abbazia florenze, già ricca di territori montani, la tenuta di Vallis Bonae in Sila (Pratesi). Diplomi imperiali e bolle papali spesso poi riassumevano e riaffermavano, per tutela legale, i beni delle abbazie.  
                                                         Beton Smav a Corazzo 
La fortuna di Santa Maria di Corazzo ha inizio già dalla metà del secolo  dodicesimo, abbate pro-tempore era Giocchino da Fiore (poco dopo il 1162), prima che fondasse l' abazia florense suddetta. Qui, il famoso abate sembra abbia meditato i principi delle sue teorie, tanto discusse, e si diede da fare perché i lasciti di privati e le elargizioni imperiali venissero codificate in atti pubblici. 
I vistosi e preziosi ruderi oggi ben in vista nella valle del Corace, che meritano essere ristrutturati e riattati a moderno Cenobio, una volta erano centro di fede spirituale, ma anche sede da cui dinamici monaci amministravano numerosi cespiti e grange anche posti a notevoli distanze (sparsi a macchia di leopardo dalle coste del Tirreno fino a Strongoli, sullo Ionio), indicavano a dipendenti ed emissari laici le trasformazioni agricole da operare, curavano il pascolo di numerose greggi, il commercio di prodotti e derrate;  doveva persistervi il febrile fermento di una azienda moderna, pur essendo il sistema economico legato a schemi "curtensi" in una società che i normanni infeudavano giorno dopo giorno. 

                                               Squadra di Calcio Corazzo 1979
In quell'epoca vigevano perfino raggruppamenti di monasteri sotto il controllo di un abate feudatario, detto "visitatore" (Brasacchio), il tutto voluto dai normanni per la trasformazione fondiaria ed il rilancio dell'economia, mentre l'ubicazione delle abbazie da essi fondate non solo rispondevano a fini religiosi, ma anche politici, militari ed economici. Erano, insomma, tenute in gran considerazione dagli Altavilla, se nell'abbazia di Santa Eufemia seppellirono le spoglie mortali di Fredesenda, loro madre. 

Il prestigio dell'abbazia di S. Maria di Corazzo accresciuto già per merito di Gioacchino da Fiore raggiunse il massimo splendore sotto l'impero degli svevi. Nel 1195 Enrico IV le riconobbe il diritto di pascolo di ben 2000 pecore nel fondo Buciafaro in territorio di Isola Capo Rizzuto. Nel 1225, Federico II di Svevia, in virtù della legge "de resignandis privilegis", con cui riaffermava le donazioni operate nella sua minore età, ai numerosi beni già in possesso dell'abbazia concede all'abate Milo  
  1. "libera pascua pro animalibus ipsius monasterii tam in tenimento Campi Longi quam in tenimento Sacchini et Castellorum Mariis" ;
  2. i fondi Foca e Castellace in agro di S. Severina;
  3. il fondo alberato detto Sucarello in agro di Cutro.        
Ma qualche mese prima Federico II aveva  già concesso  a quell'abbazia, in perpetuum, il tenimentum di S. Pantaleone in territorio di S. Severina; nel diploma imperiale ne sono descritti minuziosamente i confini, elencate le clausole di sfruttamento e le garanzie contro eventuali azioni di disturbo (Brasacchio). Il fondo, di grande estensione, andava da S. Severina a Scandale ed arrivava fin quasi al fiume Neto ove tuttora esistono due contrade dai toponimi derivanti dal nome dell'abbazia a cui otto secoli prima erano appartenute:  Corazzo e Corazzello.   

Francesco Cosco

Le foto sono state pubblicate sul sito: Storia di Scandale di Luigi Santoro


giovedì 21 novembre 2013

Lucio Dalla e Toni Servillo Fiuto inno contro la monnezza


La canzone  «Fiuto», un duetto satirico di Lucio Dalla  con l'attore Toni Servillo  , dove si parla dei  rifiuti di Napoli: «Nè governi o terremoti/ né ministri, né i Borboni/Piensa se ci a fanno 'sti coglioni/ad ammazzare 'sta città».

Miezzo o mare e vvote cresce
La schiumazza d'o passato

martedì 19 novembre 2013

Reading letterario

L'ingresso al reading letterario è gratuito.Per chi volesse prenotare la cena con l'autore contattare 0962 28625

domenica 17 novembre 2013

Del vivere.......confinati!!

Un padre ricco, volendo che suo figlio sapesse che significa essere povero, gli fece passare una giornata con una famiglia di contadini
Il bambino passò 3 giorni e 3 notti nei campi.
Di ritorno in città, ancora in macchina, il padre gli chiese:
- Che mi dici della tua esperienza ?
- Bene – rispose il bambino....
Hai appreso qualcosa ? Insistette il padre
1 – Che abbiamo un cane e loro ne hanno quattro.
2 – Che abbiamo una piscina con acqua trattata, che arriva in fondo al giardino. Loro hanno un fiume, con acqua cristallina, pesci e altre belle cose.
3- Che abbiamo la luce elettrica nel nostro giardino ma loro hanno le stelle e la luna per illuminarli.
4 – Che il nostro giardino arriva fino al muro. Il loro, fino all’orizzonte.
5 – Che noi compriamo il nostro cibo; loro lo coltivano, lo raccolgono e lo cucinano.
6 – Che noi ascoltiamo CD... Loro ascoltano una sinfonia continua di uccelli, grilli e altri animali...
...tutto ciò, qualche volta accompagnato dal canto di un vicino che lavora la terra.
7 – Che noi utilizziamo il microonde. Ciò che cucinano loro, ha il sapore del fuoco lento
8 – Che noi per proteggerci viviamo circondati da recinti con allarme... Loro vivono con le porte aperte, protetti dall’amicizia dei loro vicini.
9 – Che noi viviamo collegati al cellulare, al computer, alla televisione. Loro sono collegati alla vita, al cielo, al sole, all’acqua, ai campi, agli animali, alle loro ombre e alle loro famiglie.
Il padre rimane molto impressionato dai sentimenti del figlio. Alla fine il figlio conclude
- Grazie per avermi insegnato quanto siamo poveri !
Ogni giorno, diventiamo sempre più poveri perché non osserviamo più la natura, che è l’opera grandiosa di Dio.

venerdì 8 novembre 2013

No e No - Canto per il Sud




 Avitabile e Battiato "No è no" 
 È un urlo lanciato da un Sud che aspetta ancora una pace che non arriva mai, che è costretta a vedere la propria gente ammazzata dalla mafia. Le parole di Franco Battiato  in siciliano sono strazianti: "Oggi vedo occhi affranti dalla veglia e dal pianto"».

giovedì 7 novembre 2013

Sindaco di Scandale lettera aperta sulla centrale turbogas di Scandale

Dalla pagine facebook di Iginio Pingitore Sindaco di Scandale lettera aperta sulla centrale turbogas di Scandale.

CENTRALE TURBOGAS SCANDALE UN DANNO E UNA BEFFA
L'amministrazione comunale non ci sta

Diffidenza, questa è la parola che circola tra i membri della maggioranza dell’ amministrazione comunale di Scandale nei confronti della Centrale Turbogas di Santa Domenica. Mi rammarica il fatto che negli anni l’elargizione di tanti finanziamenti statali sembrano che non siano valsi a nulla.
Grosse somme per possibili investimenti economici e per un auspicato sviluppo. Grandi flussi monetari sembravano cascassero dal cielo, mentre il nostro bellissimo territorio subiva vere e proprie trasformazioni. Da un giorno all’altro questo lembo di terra ha visto spuntare come funghi una miriade di pale eoliche, biomasse, centrali e tanti altri invasi, utili dal punto di vista della produzione energetica, meno per una crescita turistica e culturale di un territorio che merita tutt’altro per la sua straordinaria bellezza e per l’appartenenza all’antica Magna Grecia, dove un tempo illustri personaggi come Pitagora, Milone, Alkmeone calpestavano questi luoghi. Tuttavia, si è voluto credere ad un rilancio e ad una crescita dell’ economia locale che nella realtà, sotto gli occhi di tutti, non è mai avvenuta, da oltre mezzo secolo il territorio continua a subire inganni e illusioni una dopo l'altra.

A Scandale si è compiuto un grosso investimento per la realizzazione della Centrale Turbogas che sarebbe dovuta essere il volano dello sviluppo economico del paese. Sono appioppati milioni di euro per costruire un invaso in grado di diminuire il fortissimo fabbisogno nazionale di energia.

Gli investitori hanno convinto le varie amministrazioni, ai cittadini hanno fatto credere che nessuno inquinamento avrebbe portato la realizzazione di una moderna struttura del genere, hanno incoraggiato gli agricoltori a vendere i terreni perché attraverso la centrale si sarebbe comunque diffuso benessere e posti importanti per i figli, insomma, lavoro, energia gratis, infrastrutture industriali, strade e prosperità per tutte le generazioni. Un gran numero di compaesani sarebbero andati a lavorare a Santa Domenica: giovani, padri di famiglia, ingegneri, impiegati, operai specializzati e non. Un accordo di programma sancisce la realizzazione dell'opera, stilato ad hoc, ha funzionato come elemento catalizzatore l'immediata erogazione delle royalties al comune di Scandale giusto per dimostrare che la centrale è un bene, un valore per tutti, in grado di garantire benefici per il territorio e tenere contenta un’intera comunità.

Fino ad un certo punto tutto può sembrare normale, tutti hanno creduto e anche goduto dei benefici iniziali per realizzare in santa pace la mega opera, appena terminata la struttura cambia tutto, e dopo aver speso tanti soldi pubblici, nell'ambito della centrale turbogas, fra i dirigenti, dipendenti e tutti coloro che ruotano attorno ad essa, echeggia una sola frase, sembra l’unica parola d'ordine: " siamo in crisi ".
Essere in crisi significa, secondi i fatti, chiusura totale con la gente, con l’amministrazione comunale, la quale ha l’intento di progettare e proporre iniziative che diano slancio all’ economia locale e quantomeno alleviare le tante sofferenze del territorio, ma i signori della turbogas non fanno altro che dire: " siamo in crisi".

Mi chiedo come possa essere possibile investire tanti soldi pubblici per un’opera che avrebbe dovuto sopperire un grande fabbisogno energetico nazionale e poi dopo pochi giorni che apre battenti, accende i motori, si dichiara di essere in crisi?! Perché questa crisi? Perché in località Santa Domenica avrebbero dovuto sperperare tanto danaro pubblico per non fare nulla? L'amministrazione comunale è seriamente preoccupata per questi atteggiamenti di chiusura e si propone di fare le barricate attorno all'invaso. Le aspettative erano altre, crisi o non crisi l'azienda ha l'obbligo morale e giuridico del mancato sviluppo attorno ad essa, dovranno dare spiegazioni e farsi promotori affinchè sia stilato con l'amministrazione comunale un nuovo accordo di programma e mettere in cantiere idee che possono sviluppare il territorio.

Il comune di Scandale, dopo il danno subisce la ulteriore beffa da parte di Ergosud, la società detenuta pariteticamente da A2A e EON, un colosso che ha la proprietà della Centrale, ad oggi l’ente fa fatica ad incassare l’ultima rojalt, fra l'altro già spesa la somma, poiché in passato il flusso di danaro veniva erogato in anticipo. L’amministrazione comunale è seriamente preoccupata per questo atteggiamento di chiusura da parte dei dirigenti aziendali e se il comune non incassa rischia di mettere in serie difficoltà il bilancio comunale a discapito di una piccola comunità che ha poche risorse per potersi mantenere. Inoltre, durante la fase commissariale, il comune ha aperto un contenzioso con la turbogas affinché pagassero gli oneri di urbanizzazione, Ergosud neanche questi vuole pagare, ha avviato addirittura un ricorso al TAR sostenendo che nulla è dovuto. Insomma Ergosud a Scandale non vuole lasciare niente e finge di non capire che se la centrale di Scandale, come sostengono i dirigenti è in crisi e se tale dovesse perdurare fino a smettere la loro attività, alla fine la pagheranno i nostri concittadini sotto tutti gli aspetti, forse anche in termine di salute. Noi faremo battaglia, poiché la popolazione è stata ulteriormente illusa, pochi posti di lavori, mancato riutilizzo del calore, probabile difformità della costruzione, mancata filiera: le serre, il pastificio, ecc., ma solo deturpazioni e altro. Desidero aprire al più presto un tavolo per un nuovo auspicato accordo in nome della difesa, della salute pubblica, dell’ambiente e dell'occupazione.
IGINIO PINGITORE


martedì 5 novembre 2013

FRAPPANTICCHIO



         
 U  MORTUORU



Duva botti a ninna e una a randa

i  dì campani dà gghiesa i S. Nicola

si sentanu ppi l’aria rintrunari.

Ancunu stava mali, e sta ppi ni lassari ….

Chissa  chin’è che muortu ?



Fimmini a ru friscu o subba a porta

e  d’uomini a ra ghiazza o intra a cantina,

s’addumandanu di vucca a vucca……

chin’è  ch’è muortu ?


Fora ancunu l’appura

sapiti: è muortu u tali,

e intra nu nenti  u sa tuttu Scandali.

S’è viecchiu, u paisi resta cum’era;

s’è giuvanieddru , è  tutta na luttera.
Frappanticchio

venerdì 1 novembre 2013

L'importanza della bellezza

Giuseppe Impastato, meglio noto come Peppino (Cinisi, 5 gennaio 1948Cinisi, 9 maggio 1978), è stato un giornalista, attivista e poeta italiano, noto per le sue denunce contro le attività mafiose a seguito delle quali fu assassinato, vittima di un attentato il 9 maggio 1978.