giovedì 23 aprile 2015

PREGHIERA LAICA PER I MIGRANTI di Erri De Luca



«Mare nostro che non sei nei cieli
e abbracci i confini dell'isola
e del mondo col tuo sale,
sia benedetto il tuo fondale,
accogli le gremite imbarcazioni
senza una strada sopra le tue onde
i pescatori usciti nella notte,
le loro reti tra le tue creature,
che tornano al mattino con la pesca
dei naufraghi salvati.

Mare nostro che non sei nei cieli,
all'alba sei colore del frumento
al tramonto dell'uva e di vendemmia.
ti abbiamo seminato di annegati più di
qualunque età delle tempeste.
Mare Nostro che non sei nei cieli,
tu sei più giusto della terraferma
pure quando sollevi onde a muraglia
poi le abbassi a tappeto.
Custodisci le vite, le visite,
come foglie sul viale,
fai da autunno per loro,
da carezza, abbraccio, bacio in fronte,
madre, padre prima di partire»

[Il commovente pensiero dello scrittore per le vittime del naufragio a sud della Sicilia]

Il lamento come ipotesi di salvezza di Peppe Voltarelli.



Lamentarsi come ipotesi vuol dire trapassare gli anni in cui abbiamo raccolto informazioni sulla nostra identità culturale, sulla nostra appartenenza. Farlo attraverso il modello cantato quale il lamento che a un certo punto diventa un mantra quotidiano ipermoderno, un esercizio che ha un utilità pratica. Il lamento non è più un fatto che evidenzia il dolore, ma un’ipotetica via d’uscita comunicativa. Come se si sovvertisse il ruolo delle parole. La sovversione del significato si rivela come sovversione di pratiche quotidiane già scritte, come il prototipo, il pregiudizio, il cliché. Se il lamento diventa un’ipotesi, la griglia delle aspettative si disfa. Questo mi interessa raccontare. Quando si rompe il cliché si scoprono le novità.
Siamo esuli ma innamorati, siamo in fuga ma legati alla nostra terra. La gente non sa che delle cose in Calabria esistono. È giusto parlarne, in modo mai contento magari, come un po è la nostra indole.
Io mi sono seccato di subire il lamento. Il lamento per noi è un godimento diciamolo. Una forma autoflagellativa. Io mi lamento come ipotesi di salvezza e voglio, per questo, rompere questa griglia e trasformare questo mantra in energia. Penso a una calabresità come moda.
Peppe Voltarelli 

mercoledì 1 aprile 2015

Primavera - Nicola Paparo

(Nicola Paparo)


PRIMAVERA

Ntra la scìoddra, 'mpaccì 'u puzzu,
su’  jiurut’i   fieddrurazzi;
è  spicata  già  l’ervuzza
e  Titina  li  pannizzi
a  ru  suli   spampinazza.
-Si nd’è jiutu, cchi  biddrizza,
finalment’u   mis’i   marzu –
pensa  e  tutta  già  si  sbrazza
mentri  spanda  ri   pannizzi.
Palumbeddra  senza feli
è  vinuta  Primavera.
Genti  san’e  jumburuta,
lienti, grassi e sguaddrarati,
si su’  tutti  rivijjiati
e tant’arvuli  spicati
paran  puru  li malati.
Giuvineddra passeggera
è d’a  vita Primavera.
Cuomu rosa  profumata
dop’appena  ‘na  jiurnata,
tutta  muscia  e spampinata
lestu lestu  si  ‘nd’è  jiuta.
          
                                                                  Nicola  Paparo      



                                                   (Bosco manco ferrato)