domenica 18 settembre 2016

Papa Francesco

IL PAPA: «IL MONDO È STANCO DI BUGIARDI, PRETI ALLA MODA, BANDITORI DI CROCIATE»

17/09/2016  Francesco riceve i nuovi vescovi del corso di formazione e chiede loro di lasciarsi “destabilizzare” dal Signore ed essere vicini alla gente e alla famiglie con fragilità per trasmettere la misericordia di Dio. E sulla formazione dei preti avverte: «Nei seminare bisogna puntare alla qualità e non alla quantità. Diffidare da chi si rifugia nella rigidità»


«Il mondo è stanco di incantatori bugiardi... e mi permetto di dire di preti o vescovi alla moda. La gente “fiuta” e si allontana quando riconosce i narcisisti, i manipolatori, i difensori delle cause proprie, i banditori di vane crociate». Parole nette, quelle di papa Francesco, che venerdì ha rivolto un lungo discorso ai vescovo nominati di recente e arrivati a Roma per un corso di formazione. Il Papa ha raccomandato anzitutto di rendere «accessibile, tangibile, incontrabile», la misericordia, che è il «riassunto di quanto Dio offre al mondo».

Ad ascoltare il Pontefice c’erano 154 nuovi vescovi (16 dei territori di missione) che hanno preso parte all’annuale corso di formazione promosso congiuntamente dalla Congregazione per i Vescovi e dalla Congregazione per le Chiese Orientali. «Pensate», ha detto il Papa, «all’emergenza educativa, alla trasmissione sia dei contenuti sia dei valori, pensate all’analfabetismo affettivo, ai percorsi vocazionali, al discernimento nelle famiglie, alla ricerca della pace: tutto ciò richiede iniziazione e percorsi guidati, con perseveranza, pazienza e costanza, che sono i segni che distinguono il buon pastore dal mercenario».

Le “strutture di iniziazione” delle Chiese locali, ha spiegato, sono i seminari: «Non lasciatevi tentare dai numeri e dalla quantità delle vocazioni, ma cercate piuttosto la qualità del discepolato», ha avvertito Bergoglio. «Né numeri né quantità: soltanto qualità. Non private i seminaristi della vostra ferma e tenera paternità». Il Papa ha chiesto di stare vicino a seminaristi facendoli crescere «fino al punto di acquisire la libertà di stare in Dio tranquilli e sereni», non preda «dei propri capricci e succubi delle proprie fragilità», ma liberi di abbracciare quanto Dio chiede loro. E ha aggiunto: «Vi prego pure di agire con grande prudenza e responsabilità nell’accogliere candidati o incardinare sacerdoti nelle vostre Chiese locali. Per favore, prudenza e responsabilità in questo. Ricordate che sin dagli inizi si è voluto inscindibile il rapporto tra una Chiesa locale e i suoi sacerdoti e non si è mai accettato un clero vagante o in transito da un posto all’altro. E questa è una malattia dei nostri tempi».

«LASCIATEVI DESTABILIZZARE DALLA MISERICORDIA DI DIO»

Inoltre il Papa ha raccomandato di accompagnare le famiglie «incoraggiando l’immenso bene che elargiscono» nella società, seguendo «soprattutto quelle più ferite» nel discernimento e con empatia: «Non “passate oltre” davanti alle loro fragilità. Fermatevi per lasciare che il vostro cuore di pastori sia trafitto dalla visione della loro ferita; avvicinatevi con delicatezza e senza paura. Mettete davanti ai loro occhi la gioia dell’amore autentico e della grazia con la quale Dio lo eleva alla partecipazione del proprio Amore». L’esortazione finale è a lasciarsi “destabilizzare”da Dio: la sua misericordia, ha proseguito Francesco, è la «sola realtà» che consente all’uomo di non perdersi «definitivamente».

Ciò si traduce allora in «non avere altra prospettiva» da cui guardare i fedeli che quella della loro “unicità”, non lasciando “nulla di intentato” pur di raggiungerli, non risparmiando “alcuno sforzo” per ricuperarli. La via è “iniziare” ciascuna Chiesa ad un cammino d’amore, quando oggi – ha constatato il Papa – «si è perso il senso dell’iniziazione».
Da: Famiglia Cristiana

mercoledì 14 settembre 2016

Il Sud si sta svuotando

Il Sud si sta svuotando, via mezzo milione di giovani
Per diplomati e laureati più facile lavorare in Grecia


SALVO CATALANO 
ECONOMIA – Tra 50 anni solo un italiano su quattro vivrà nelle regioni meridionali. È la stima dello Svimez sulla base del numero di emigrati dal Mezzogiorno a partire dal 2000: 1,7 milioni. La maggior parte giovani e con un alto livello di istruzione. «È un vero e proprio tsunami dalle conseguenze imprevedibili», scrivono gli analisti
Giovane, laureata e donna: è il profilo di chi negli ultimi 14 anni ha lasciato le regioni meridionali per andare a cercare fortuna altrove. Il Sud si sta svuotando. Dal 2001 al 2014 quasi 1 milione e 700mila persone sono emigratedal Mezzogiorno. Poco meno della metà - 744mila - non sono più tornati. E tra questi ultimi che hanno scelto di vivere definitivamente altrove, 526mila sono giovani, il 40 per cento con un percorso universitario alle spalle. Un esodo ormai strutturale fotografato nell'ultimo dossier di Svimez, l'Associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno. 
Il risultato è che il Sud negli ultimi 14 anni ha registrato un calo di popolazione di 196mila unità, mentre il Centro-Nord un aumento di 315mila. E nel futuro le cose peggioreranno: secondo le previsioni nel 2065 solo un italiano su quattro vivrà nelle regioni meridionali. Il Sud alla fine del prossimo cinquantennio, perderà infatti 4,2 milioni di abitanti, oltre un quinto della sua popolazione attuale. «Un vero e proprio tsunami dalle conseguenze imprevedibili», scrivono gli analisti di Svimez.
Colpa soprattutto del lavoro che non c'è. Negli ultimi sei anni su dieci nuovi disoccupati, sette sono stati al Sud. Il risultato è che solo un quarto di tutti gli occupati d'Italia si concentra nelle regioni meridionali: sono 5,8 milioni. Mai così pochi dal 1977. A non lavorare soprattutto i giovani: nel Mezzogiorno il 56 per cento di quelli compresi tra 15 e 24 anni. I laureati hanno un tasso di occupazione del 31,9 per cento. Fanno peggio i diplomati, con il 24,7 per cento. Dati che fanno sprofondare il Meridione nelle classifiche europee, peggio della Spagna e della Grecia, dove a tre anni dal titolo il tasso di occupazione di diplomati e laureati tra i 20 e i 34 anni è rispettivamente del 65 e del 44 per cento. La media nell'Unione europea è del 76 per cento. 
Per l'Italia il confronto con l'Europa è impietoso anche se si prende in considerazione il numero di Neet (Not in education, employment or training), cioè quei giovani che non studiano, non lavorano né ci provano. Nel 2014 erano 3,5 milioni, aumentati del 25 per cento rispetto al 2008. Di questi, due milioni sono donne e due milioni sono meridionali. Anche nel resto d'Europa gli sfiduciati sono aumentati, ma di appena il 3 per cento negli ultimi sei anni. «La progressiva emarginazione dei giovani anche istruiti - si legge nel rapporto Svimez - dai processi produttivi determinata dalla crisi recessiva è confermata dalla dinamica crescente dei giovani Neet per essi, la difficoltà a trovare un’occupazione si accompagna ad un crescente scoraggiamento che li allontana non solo dal mercato del lavoro ma anche dal circuito dell'istruzione». Ma sul dato nazionale pesa come un macigno quello del Sud. Il resto del Paese, sottolineano gli analisti, viaggia tutto sommato in linea con l'Europa. Il Mezzogiorno corre veloce verso il baratro.